Futurismo con i ragazzini
Io e il Futurismo abbiamo una lunga storia d’amore. È stato il tema del mio numero d’esordio come direttrice dell’Italian Journal, quando ho avuto l’occasione di incontrare curatori, chef e artisti che ancora oggi portano avanti la luce di questo movimento artistico speciale del primo Novecento. La mia famiglia possiede una collezione di stampe futuriste, esposta in vari musei e raccolta in un catalogo.
Quando ho saputo che la Galleria Nazionale d’Arte Moderna (GNAM) a Roma ospitava una mostra dedicata al Futurismo, non vedevo l’ora di portarci mio figlio adolescente.
Non sapevo bene cosa avrebbe catturato per primo l’attenzione di Ludovico e dei suoi amici: la geometria audace, la rappresentazione del “suono” nei quadri, o il surrealismo meccanico delle sculture. Alla fine, sono rimasti affascinati soprattutto dai modelli di auto, aerei e macchine presenti in mostra. Un’intuizione curatoriale brillante, che aggiungeva una dimensione tattile potentissima – gli stessi soggetti osservati dagli artisti erano lì, davanti ai nostri occhi. Era facile meravigliarsi di quella “novità” che aveva stregato i futuristi, e capire perché proprio questi oggetti siano diventati parte delle loro ossessioni visive.
La mostra, allestita in occasione dell’ottantesimo anniversario della morte di Filippo Tommaso Marinetti, esplora l’incrocio tra arte, scienza e tecnologia – un tema stranamente attuale nel nostro mondo di intelligenze artificiali, automazione e realtà digitali. Mentre camminavo tra quasi 350 opere — dipinti, sculture, oggetti di design, film, manifesti — continuavo a riflettere sulla cosiddetta “profezia futurista”: la meccanizzazione dell’umano e l’umanizzazione della macchina.
Ho apprezzato in particolare i lavori giovanili di questi artisti – mi ha colpito vederne la transizione verso gli stili che li avrebbero resi celebri. Un’installazione di grafiche stampate su pannelli trasparenti all’inizio della mostra era visivamente bellissima, così come la scultura luminosa che concludeva il percorso.
Dopo quest’immersione futurista, i ragazzi ovviamente avevano bisogno di nutrimento – e ci siamo rifugiati nel caffè suggestivo della GNAM, tra tè e dolcetti. Anche loro, in fondo, sono un po’ futuristi. E io sono curiosa di vedere come si disegnerà il loro domani.